ORIGINE E SVILUPPO DI UNA PROPOSTA D'ARTE di Fausto IANNI

Di Panfilo Napoleone e della sua produzione, per primo parlò a chi scrive l'acquarellista Fiore Vespa. Incuriosì il vivace apprezzamento di un artista nei riguardi di un collega appena conosciuto, un collega, poi, che, in quel periodo, a Roccaraso, esponeva, insieme a tanti olii, altrettanti acquerelli. Proprio quest'ultimi avevano incantato Fiore Vespa. Il primo incontro all'Aquila con Panfilo Napoleone avvenne qualche mese dopo, nel settembre 1977. E fu un incontro strano, estenuante, con l'artista chiuso a riccio Aveva portato molte foto delle sue opere e un piccolo pezzo d'acquerello. Quest'ultimo gia documentava ampiamente l'entusiasmo di Fiore Vespa. In pochi centimetri Panfilo Napoleone aveva fissato, con piccoli interventi a macchia, uno scorcio di paesaggio da cui scaturivano, congiuntamente, immediatezza e poesia.
Ma le tante foto a colori, di olii e di acquerelli, fornivano un quadro più vasto e documentavano la produzione dell'artista. Finirono presto tutte aperte, e raggruppate per periodi, in un gioco scoperto, vivace ed interessante.
Le capacità dell'artista emergevano dai leggibilissimi, veloci e sicuri, interventi tecnici, dall'immediatezza del messaggio, dal convinto recupero di certi valori poetici nel paesaggio montano e urbano.
Dall'ambito montano ogni pezzo esprimeva due componenti, della solitudine, anche in presenza di figure - anzi a volte proprio rafforzata da queste -, e dell'infinito, presente oltre ogni crinale di monte o scorcio di paesaggio.
Negli scorci urbani il discorso si rovesciava, diventava onirico, revivalista di un mondo sognato, contrapposto a quello abituale.
Anche la tavolozza seguiva le serialità contrapponendo agli incredibili ocra della prima le sintesi dei rossi, dei viola e dei grigi della seconda.
I pezzi ad acquerello ribadivano le scelte suddette introducendo la tecnica a macchia e a larghe zone contrapposte, con prevalenza di azzurri portati sino al confronto con i bianchi o con la carta vergine.
L'incontro aquilano, che doveva essere di pura cortesia, durò tutto un pomeriggio, con alterni scontri stante la riccitudine dell'artista.
Ma dal dialogo vennero fuori tanti elementi preziosi, il modo di essere dell'artista, i suoi interessi, le tradizioni familiari, tutte connotate da risvolti culturali, i suoi periodi magici - da novembre a maggio; anche di notte, specie quando il tempo è inclemente; negli altri mesi dell'anno nessun impegno operativo, salo rassegne, personali, viaggi -, le sue presenze pubbliche-... nel 1951 prima personale d'acquerelli a Chieti, nel 1958 partecipazione alla Prima Mostra della Tavoletta a Campobasso (primo premio, nel 1960 partecipazione alla Seconda Mostra della Tavoletta a Campobasso (secondo premio), dal 1961 al 1967 presenze in numerose collettive in varie regioni italiane, nel 1971 partecipazione alla Ottava Mostra Internazionale del paesaggio a Cisterna di Latina (primo premio assoluto), al Primo Concorso Internazionale <,Ottobre Napoletano,> (secondo premio assoluto), alla Rassegna d'Arte di Sorrento insieme ai maggiori artisti italiani, al Secondo Concorso Nazionale di pittura di Viareggio (primo premio per il miglior paesaggio), nel 1972 è presente alla Seconda Quadriennale d'arte figurativa "Napoli 1972" (secondo premio assoluto), al Secondo Concorso Nazionale di pittura "Colori d'inverno" di Viareggio (secondo premio), al Concorso Mostra Internazionale di Arte Figurativa di Agrigento (primo premia assoluto), nel 1973 alla Mostra di Opere d'Arte di Roma (primo premio), alla Mostra Internazionale di pittura "Europa :1973. di Roma (terzo premio), nel 1973 e nel 1974 ordina personali a Francavilla a Mare, nel 1976 a Chieti e a Roccaraso, nel 1977 a Lanciano e a Roccaraso-: e si concretizzò la prima personale aquilana per il marzo del 1978, poichè tutta la produzione recente era andata totalmente esaurita nelle due personali di Lanciano e di Roccaraso.
AI momento del saluto molto del ghiaccio iniziale si era liquefatto e negli occhi felici di Panfilo Napoleone brillava un velo di lacrime.
Anche chi scrive era commosso, e doppiamente, perché è raro incontrare un personaggio tanto carico di poesia, vaso di vetro in un contesto di ferraglie.
In novembre secondo incontro, quasi occasionale, con Panfilo Napoleone, nello studio dell'artista, a Chieti.
In pochissimo tempo Panfilo Napoleone ha avviato l'approntamento della produzione per la personale aquilana e nello studio già si allineano dieci nuovi pezzi.
Sconcertano gli approfondimenti dei due ambiti paesaggistici, quello dell'elogio della solitudine, con il fuoco del quadro non più affidato solo alle figure ma anche a moduli emblematici costituiti dall'esaltazione, in controluce, di arbusti, pietre, fili d'erba, e quello dell'onirico, con conquiste ulteriori, nella trattazione dei soggetti irreali ambientati in fiabeschi giardini pubblici o in viuzze solitarie, con prevalenza di celeste e di grigi e interventi felicissimi di rossi nella gamma sino al rosa. Il tono generale scaturente anche dal sottofondo fa emergere da tutti i pezzi un messaggio di struggente poesia.
L'artista è felice dell'incontro e del sincero apprezzamento delle sue opere. È a Chieti per le cornici e le bozze dei manifesti, poi tornerá a Palena dove intende continuare il suo lavoro.
II terzo incontro con Panfilo Napoleone avviene proprio a Palena, ai primi del 1978.
In una giornata si completa in chi scrive la conoscenza dell'artista e dell'ambito territoriale da cui promana la spinta segreta della sua poesia e delle sue scelte tematiche.
A circa dieci chilometri dalla stazioncina di alta montagna della linea per Castel di Sangro, e dopo una strada in discesa tra monti ricoperti di boschi, Palena si lascia tagliare dalla strada principale mostrando delle antiche origini resti interessanti nella fontana a più bocche con didascalia su pietra, nelle case con portici nei pressi di Piazza del Municipio, nel castello dell'undicesimo secolo, severo e imponente anche dopo i restauri, nei discreti palazzi patrizi e nelle infinite costruzioni strutturate a difesa dal freddo e dal vento.
In poco più di cent'anni i quattromila abitanti del 1861 si sono ridotti agli attuali millecinquecento. Intorno boschi a perdita d'occhio. Salendo, con Panfilo Napoleone, verso Montenerodomo il paesaggio cambia, si fa scoperto, i monti si inseguono a destra, mentre a sinistra si offre l'allucinante versante della Maiella, quasi fianco di uno sterminato cetaceo dalla roccia compatta d'un colore che tende al grigio-azzurro cupo.
Una presenza incombente, sconcertante anche da lontano, come il lontano filo azzurro del mare che si scorge oltre Lanciano. Nel mezzo di questo ambito, su uno svettante acrocoro, proteso verso le piane dei frentani, i resti di Juvanum. Dell'antica città frentana emerge tutta la potenza e lo splendore delle pietre enormi della zona del Foro, dal piccolo teatro a ridosso di una collina, dalle strade lastricate che segnalano le dimensioni delle origini. Intorno silenzi infiniti, rari gli incontri; ai colori plumbei della Maiella sì contrappongono quelli di una terra grassa al limite dì un marrone bruciato e poi i colori del cielo, le nuvole sfrangiate e spinte da venti contrapposti, un cielo che, quindi, ora ride ora piange tra gli squarci.
Panfilo Napoleone sente e vive tutto questo, lo ha nel sangue e attraverso il filtro della sua raffinatissima sensibilità lo trasferisce sulle tele.
Nella abitazione dell'artista le ultime opere escono allo scoperto e riempiono presto due stanze.
È una cascata di poesia, è una intera poetica che viene alla luce.